Spesso si parla di Memoria Collettiva, un elemento sociale vecchio come l'Uomo ma che negli ultimi anni, soprattutto grazie alla tecnologia digitale, è stato possibile studiare ed analizzare meglio di quanto lo sia mai stato in precedenza.
Da una ventina d'anni, nel mio piccolo, ho iniziato a sviluppare una mia teoria in merito che, piano piano, si è allargata ad altri aspetti della nostra vita individuale, in particolare i sentimenti.
Credo che capiti a tutti, prima o poi, di incontrare persone che per età, sesso, luogo e stile di vita e quanto ci volete aggiungere, sembrano "logicamente" distanti da noi ma che, invece, innescano una reazione reciproca di empatia, di coincidenze, di sensibilità e, in generale, di affinità da farci fare un salto sulla sedia (se siamo seduti).
Come se li conoscessimo da sempre.
Non c'è bisogno di presentarsi.
Ne parlo perché in queste settimane ho guardato la serie "After Life" di Ricky Gervais, in programmazione su #Neflix.
Sono tre stagioni basate sulle esperienze quotidiane di un normale cittadino britannico di mezza età, che racconta la sua vita dopo la prematura scomparsa della moglie malata.
Non sto a raccontarvi tutta la storia, se vi va e avete Netflix potete guardarvela da soli, ma una cosa voglio scriverla: quando alla fine (no, non è spoiler...) l'unico commento audio alle immagini è "Both Sides Now" di Joni Mitchell non sono riuscito a trattenere la lacrimuccia: è la canzone che ho scelto per la mia cerimonia di cremazione.
Detto così sembra una cosa brutta, triste e invece no, tutt'altro.
Perché per me è stata l'ennesima dimostrazione che siamo Esseri Collettivi che troppo spesso hanno l'arrogante atteggiamento di chi si sente er mejo dell'Universo, l'Unico e Vero Depositario della Verità, quando invece migliaia, se non milioni, di altri esseri umani condividono le nostre stesse percezioni, sensazioni e stati d'animo.
Anche se non hanno la stessa visibilità mediatica di Ricky Gervais.
Guardando gli episodi della serie ho rivisto molti miei momenti vissuti, soprattutto per quanto riguarda l'atteggiamento talvolta non molto benevolo, per usare un eufemismo, avuto nei confronti di chi mi stava vicino.
Certo, con tutte le giustificazioni e le attenuanti del caso, ma che fortunatamente non sono mai arrivate dalla perdita della persona più cara, la persona che amavo.
Insomma, la bella notizia è che non siamo mai soli e c'è sempre qualcuno in grado di capirci alla perfezione, anche se non sappiamo chi sia e dove abiti (e questo vale anche per lui/lei, ovviamente).
Ma ci sono questi sentieri sotterranei, quelli che gli Aborigeni chiamano le Vie dei Canti che così bene ha descritto Bruce Chatwin, questi potenti ed invisibili fili di connessione che mettono insieme le anime simili.
E che diventano presenze quando è il momento giusto. perché siamo tutti cellule di un unico Essere.
La messa è finita, andate in pace.