[ Una settimana senza schermi ]
Nel mese di gennaio, dopo le feste di fine anno, la scuola francese ha una “ricorrenza” ormai ben radicata e che cerca di aiutare a smaltire le “tossine” accumulate durante le vacanze.
Solo che non parliamo di grassi e zuccheri causati dalle abbuffate familiari, ma di tossine di tutt’altro tipo: la dipendenza dagli schermi.
Nelle scuole primarie, due settimane vengono destinate ad una sorta di dieta disintossicante per i bambini che guardano troppa TV, o comunque troppi video sui tanti schermi che la vita quotidiana ci propina senza tregua.
La prima settimana viene in realtà utilizzata per permettere ad ogni bambino (ed alla sua famiglia) di “registrare” le proprie abitudini di fruizione.
Per ogni giorno, dal lunedì fino alla domenica, si compila una piccola tabella che raccoglie la quantità di ore passate davanti alla TV, oppure sullo smartphone, il pc, il tablet.
Se si vuole essere ancora più precisi si può indicare le fasce orarie ed il tipo di programmi visionati.
La settimana successiva, invece, si passa all’azione.
Si deve ridurre drasticamente il tempo di esposizione agli schermi, puntando preferibilmente allo zero assoluto.
Un metodo draconiano per rendersi conto del grado di assuefazione dei bambini, capirne ed eventualmente correggerne gli eccessi.
L’esposizione agli schermi può trasformarsi in un grosso problema in termini di benessere psico-fisico dei bambini.
Un atteggiamento che spesso è usato dai genitori, a loro volta sprofondati nei propri schermi, che si tratti di lavoro o per intrattenimento, per tenere buona la prole e riuscire a ritagliarsi uno spazio personale.
L’iniziativa de “La semaine sans écrans” (Settimana senza Schermi) nasce proprio per rendere le famiglie più consapevoli dei rischi legati a questa cattiva abitudine.
L’abbandonare i figli davanti ad uno schermo provoca in loro problemi di metabolismo, privandoli della normale attività fisica normalmente necessaria in quella fase della crescita. Ma anche problemi di apprendimento, di riduzione nella capacità espressiva personale (soprattutto a livello creativo) e, per ultimo, i danni conseguenti ad un’esposizione ad immagini e soggetti potenzialmente traumatizzanti per quella fascia di età.
Nell’info-grafica che segue, potete vedere l’iceberg che rappresenta l’uso degli schermi in relazione all’età dei bambini, da 0 fino a 9-12 anni (considerata la fascia in cui inizia a svilupparsi la loro autonomia).
Proprio prima delle ultime vacanze, la scuola elementare di mia figlia più piccola ha denunciato, in una e-mail alle famiglie, l’abitudine di molti genitori di guardare, anche in presenza dei più piccoli, una serie coreana di successo trasmessa su Netflix, basata sulla “conversione” di alcuni giochi infantili in gare mortali, dall’esito violento e sanguinario.
La superficialità con cui gli adulti tendono ad affrontare la tematica dell’esposizione agli schermi ha spinto le istituzioni scolastiche a prendere questa iniziativa che, naturalmente, non è sufficiente a risolvere il problema, ma almeno prova a sensibilizzare le famiglie su una questione fondamentale per lo sviluppo psico-fisico dei propri figli.
Fortunatamente, nel tempo sono state lanciate delle attività para-scolastiche simili dedicate al cyber-bullismo, ai rischi legati alle attività on-line pedo-pornografiche ed a tutte le insidie che il digitale può rappresentare per chi è particolarmente indifeso.
Progetti che, comunque, sono importanti soprattutto per i genitori, che troppo spesso non riconoscono i pericoli che l’uso degli schermi può nascondere. E non di rado ne sono vittime, anche se adulti.