NEW YORK, NEW YORK
Dei Sette Anni che ho vissuto non in Tibet, ma lavorando per un'agenzia media di Manhattan, resteranno soprattutto due riflessioni, oltre al fatto di avere conosciuto e condiviso quest'esperienza con diverse belle persone.
La prima considerazione è legata alla città di New York.
Una metropoli che vive a 1000 all'ora, 24 ore su 24, 365 giorni su 365, capace di offrirti tutto ed il contrario di tutto e che, forse proprio per questo, si prende quotidianamente il 150% della tua energia psico-fisica, spremendoti come un limone.
Ti piace la musica? non c'è solo il Greenwich Village o la scena underground. Puoi trovare le proposte più improbabili, dal hardcore ebraico all'etnico tirolese, passando per le danze balinesi e l'opera italiana.
Immagina qualsiasi cosa e a New York la troverai.
Detto questo, che è l'aspetto divertente e fondamentalmente turistico del vivere nella Grande Mela, quando lasciavo la città avevo dentro questa sensazione dolce-amara, come quando si vive una passione travolgente per tre giorni di fila, senza un attimo di tregua, senza mai staccare e poi, improvvisamente, sei lì, seduto in aeroporto, svuotato di ogni energia e con la testa che ronza come dopo una bella sbronza.
La seconda considerazione, invece, è più strettamente legata al lavoro, ma si collega inevitabilmente con l'incontro/scontro tra due modelli di vita diametralmente opposti.
Lavorare all'interno di un'agenzia dove ero l'unico non americano, mi ha messo di fronte brutalmente alle profonde differenze che esistono tra il modo di lavorare europeo e quello statunitense.
La colonizzazione culturale subita dall'Europa nel secondo dopoguerra (e ancora esistente, per molti versi) ci ha trasmesso un'immagine dell'America e degli americani come di un avamposto della cultura occidentale, dove i vantaggi del way of life americano (la libertà di iniziativa, la ricchezza di opportunità, la possibilità di riscatto) si aggiungono all'eredità culturale dell'Occidente.
Nulla di più falso.
Tra Europa ed America esiste un oceano che non è solo geografico, ma soprattutto culturale.
Anche in una metropoli multi-etnica come New York, che è una realtà molto diversa dal resto degli Stati Uniti, diventa evidente giorno dopo giorno quanto profonde siano le differenze e quanto superficiali siano le similitudini con il nostro stile di vita.
Sono queste dinamiche a portare un europeo a non capire, per esempio, perché in America sia considerato normale portare delle armi da fuoco ed invece non considerare il servizio sanitario e previdenziale un diritto naturale dei cittadini. Relegare la possibilità di un'istruzione dignitosa alla disponibilità economica individuale ed avere un sistema elettorale ottocentesco basato ancora sullo schiavismo in un paese che si auto-dichiara patria della democrazia.
Naturalmente vale altrettanto per gli americani, che non capiranno mai perché in Europa si paghino così tante tasse e perché anche chi non ha un lavoro possa godere di istruzione e sanità pubbliche (ma questi sono giusto due esempi importanti di una lunga lista).
Non vi annoio su come e quanto tutto questo si rifletta nel lavoro, ma spero che da questa piccola descrizione abbiate potuto farvi un'idea.
Per me, che operavo principalmente da Roma prima e da Parigi poi, è stato un dover continuamente adattare richieste e decisioni prese seguendo la struttura di pensiero americana ad un mondo che funziona in maniera molto diversa.
Ed adattare gli orari: sei ore di fuso orario portavano la mia giornata lavorativa a (almeno) 12 ore continue. La mattina iniziavo secondo i normali orari europei, dopo le 14:00 si aggiungeva la giornata lavorativa newyorkese.
Considerando che spesso, nel settore in cui lavoro, week-end e giorni di vacanza sono inesistenti, potete farvi un'idea di quanto possano essere stati intensi ed impegnativi quei sette anni.
Ma molto, molto istruttivi.